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coltivazione

La pianta del caffè Coffea Arabica[1] rappresenta in un certo senso una stranezza botanica in quanto, il miglior caffè prodotto al mondo, si coltiva in aree in cui la pianta non cresce allo stato selvatico.

La Coffea Arabica cresce e fiorisce entro la fascia tropicale che circonda la Terra, tra il 25° latitudine nord e il 30° sud. Anche il tipo di terreno ottimale per la sua crescita è particolare: consiste di terriccio composto e decomposto, materiale organico e rocce vulcaniche disintegrate.[2] L’arbusto del caffè riesce a raggiungere un’altezza di circa dieci metri, ma solitamente viene mantenuto ad un’altezza di un metro e trenta-due metri, che è più pratica per il raccolto e produce chicchi più aromatici[3]. Appena mature, le piante fioriscono, in generale verso la fine della stagione secca in un periodo di 2-3 mesi; i fiori bianchi, tuttavia appassiscono quasi subito e vengono rimpiazzati da grappoli di bacche che, maturando, assumono un colore rosso vivo. Le bacche sono costituite da una polpa giallastra e dolciastra (mesocarpo) e contengono normalmente due chicchi o semi, di forma piano-convessa e semiovali, attraversati dal caratteristico solco longitudinale, ricchi di alcalcaloidi; i chicchi sono rivestiti da una membrana resistente, detta pergamino (endocarpo) e, da un tegumento interno, detto pellicola argentea (spermoderma).

Se nella drupa c’è un solo seme, esso è chiamato Peaberry, caracolito o, in italiano perla, e ha una caratteristica forma arrotondata. L’arbusto che cresce in una piantagione di solito ha un ciclo vitale di quarant’anni, mentre una pianta di caffè, è considerata al culmine del suo ciclo vitale tra i dieci e i quindici anni[4].

La produzione del caffè non è costante: la diversità delle condizioni climatiche influenza fortemente le annate. In generale, un buon esemplare può fornire in un anno fino a sei chilogrammi di bacche, vale a dire circa due chilogrammi e mezzo di chicchi.

I metodi di raccolta variano da Paese a Paese: è sorprendente il fatto che a tutt’oggi la meccanizzazione non sia molto diffusa[5]. La stessa pianta viene esaminata diverse volte per raccogliere tutte le bacche al giusto grado di maturazione. Questo metodo viene chiamato picking; con quello chiamato stripping, invece, tutti i frutti vengono raccolti contemporaneamente.

Segue la fase del beneficiamento che può essere in umido, per i caffè di qualità superiore, o a secco per i tipi meno aromatici.

Il primo metodo, il beneficiamento in umido, consiste nel lavaggio iniziale delle bacche, nella successiva asportazione della polpa, mediante macchinari, e nell’immersione delle stesse in vasche d’acqua per liberare l’involucro dalla mucillagine. Il processo si conclude con la fase di asciugatura al sole su grandi stuoie o in una macchina essiccatrice e decorticatrice. Il caffè trattato in umido viene chiamato lavato[6].

Il beneficiamento a secco invece, è un metodo più antico e viene utilizzato per 3/5 di tutto il caffè prodotto nel Mondo. Le bacche vengono stese ad asciugare al sole su stuoie per 2-3 settimane a fermentare. Durante questo periodo, le bacche vengono smosse manualmente molte volte al giorno per ottenere un’essiccazione uniforme e, quando sono completamente asciutte, vengono trasferite in una macina che rimuove le pellicole esterne.

Il caffè trattato con questo metodo viene definito naturale[7].

I chicchi verdi vengono, quindi selezionati (a mano o a macchina), crivellati (divisi per dimensione del chicco), pesati e imballati in sacchi su cui compaiono a stampa il simbolo della piantagione, il nome dell’Associazione e quello dello spedizioniere: il caffè è così pronto per essere inviato alle sue varie destinazioni nel mondo.